Sul sito dell’Operosa, azienda conosciuta in tutto il paese e operante nel campo dei servizi integrati, campeggia un articolo che spiega molto bene cosa si attendono i padroni, siano essi aziendali puri o cooperativi, dal prossimo rinnovo del ccnl Multiservizi. Il documento ha il pregio della chiarezza, al netto degli inni al riconoscimento della professionalità e alla legalità, e indica in modo lampante su cosa si muoveranno le associazioni datoriali dal CCNL che scade il prossimo 31 dicembre:

1) la revisione della clausola sociale, colpendo e affondando l’articolo 4 del CCNL che prevede, in sede di cambio di appalto, la riassunzione in blocco delle lavoratrici e dei lavoratori provenienti dalle aziende appaltatrici precedenti. A onor del vero il professor Pizzoferrato (autore dell’articolo) non pretende l’abolizione secca dell’articolo in questione ma la sua revisione nel senso dell’ampliamento della possibilità dell’azienda di non riassumere (o di riassumere con un minor numero di ore) una parte o la totalità delle e dei lavoratori operanti all’interno dell’appalto.
Oggi questo è possibile all’azienda subentrante solo nei casi in cui il nuovo capitolato preveda modifiche della prestazione richiesta da parte dell’appaltante.
In altre parole se, per esempio, l’Azienda Ospedaliera che mette a gara il servizio di pulizia e manutenzione interno riduce il numero di ore in pagamento, l’azienda che vince la gara d’appalto può ridurre il monte ore delle e dei dipendenti o arrivare a tagliare il posto di chi lavora in mansioni non più riconosciute. In altri casi, NO.
Ora la proposta di Pizzoferro è quella di riconoscere tra i casi in cui non trova applicazione la clausola sociale, quello della “trasformazione dell’identità organizzativa dell’attività economica svolta”. Si tratta di un altro modo di chiamare quello che la Legge Biagi del 2003 chiamava “assetto identitario dell’impresa subentrante). In pratica basterà qualche piccolo aggiustamento della ragione sociale dell’azienda in sede di cambio appalto per procedere a riduzioni secche del personale presente sull’appalto o a una radicale revisione dei contratti individuali nel senso della loro riduzione oraria.
2) la revisione della classificazione del personale sulla base dei mutamenti delle professionalità richieste dagli appaltanti. Se, da un lato, la revisione delle classificazioni e una loro maggiore specificazione sembra andare incontro a una necessità oggettiva posta dai mutamenti sui luoghi di lavoro ed andare incontro al riconoscimento di professionalità oggi non previste dal CCNL, dall’altra la revisione della classificazione serve alle aziende a creare in modo formale una piramide interna ai posti di lavoro, creando figure diversificate da retribuire in modo molto differente le une dalle altre e garantirsi più facilmente un certo numero di fedelissimi aziendali.
3) la revisione del sistema salariale, andando incontro a quanto rivendicato prima: il professor Pizzoferrato, infatti, propone di allargare la forbice salariale tra figure diverse, retribuendo maggiormente quelle più richieste dal mercato e quelle che “meritano” maggiormente.
In altre parole garantendo alle aziende mano libera nel premiare le figure maggiormente fedeli all’impresa e quelle maggiormente vendibili sul mercato in determinati momenti
La preoccupazione principale del professor Pizzoferrato è quella di sviluppare un ambiente di relazioni sindacali  non più conflittuale e antagonista, ma collaborativo e cooperativo, non più egualitarista ma selettivo, anche con accomodamenti nel rispetto delle condizioni di bisogno da preservare, non più generalista ma specializzato per settore…”
Queste considerazioni ci spingono a pensare che il modello proposto dal docente universitario bolognese sia quello improntato alla trasformazione del CCNL Multiservizi in un contenitore che riguardi la maggioranza della lavorazioni in appalto del paese e che abbia al suo interno varie sezioni concernenti tutti i settori lavorativi toccati dal CCNL, ognuno con le proprie differenze legate alle lavorazioni, ma tutti incentrati sulla logica comune della forte differenziazione salariale e del rafforzamento del potere aziendale sui contratti individuali di lavoratrici e lavoratori. Per farlo servono, è evidente, sindacati complici delle aziende, soprattutto in un contesto in cui la stessa proposta di salario minimo presentata dalle opposizioni parlamentari prevede un minimo orario nettamente superiore a quanto riconosciuto a oggi dal CCNL Multiservizi.
L’avversario ha già mostrato le sue carte e si prepara a coinvolgere Cgil-Cisl e Uil in un progetto di trasformazione il cui fine è il rafforzamento del potere aziendale, l’allargamento degli ambiti di applicazione del CCNL e l’insicurezza globale sulla continuità del posto di lavoro. In cambio offrono un certo aumento salariale per le figure apicali dei vari appalti, in modo da poter disporre di una schiera di responsabili locali degli appalti fidati e dotati delle capacità necessarie per governare una forza lavoro sottopagata e sottoimpiegata.
Contro questa deriva dobbiamo attrezzarci alla mobilitazione per affossare ogni ipotesi di riorganizzazione aziendale di questo settore e rivendicare la prevalenza dei contratti di settore (tra l’altro sancita dall’articolo 11 del decreto legislativo 36/2023) e un aumento generalizzato e non selettivo dei salari in modo da evitare l’allargamento dell’utilizzo del CCNL Multiservizi e la creazione di vere e proprie piramidi salariali nei luoghi di lavoro.