Ripubblichiamo il contributo di Filo Sottile, intervento durante lo sciopero del 4 aprile sotto la sede di Coopculture a Torino (Corso Ferrucci).
“Non mi aspettavo niente di buono, ma l’infamia e il cinismo mi lasciano sempre senza fiato” ho avuto modo di dirlo a diverse persone fra voi, in questi giorni. Mi sembra evidente che la cooperativa, al pari dell’Università, si percepisce come intoccabile e al di sopra di ogni possibile attacco e, ancora una volta, fa affidamento sulla nostra resa e sulla nostra remissività per proseguire indisturbata lungo il suo cammino. La mia speranza invece è che non ci accontenteremo delle briciole che lasciano cadere e, insieme, ci aggrapperemo alla tovaglia e guasteremo il banchetto imbandito con il nostro tempo, le nostre energie, la nostra salute mentale e fisica.
Qui di seguito alcuni brevi appunti che spero diventino spunti di riflessione collettiva.
Ho il sospetto che quest’ultima infamata la cooperativa l’abbia fatta non solo nell’obiettivo del risparmio. Io credo che sia anche una spinta ad aizzarci contro il committente, nella speranza di spillarle ancora qualche quattrino che l’azienda possa mettere in cassa. Per questa ragione, io credo sia ancora più importante tenere presente che il peccato originale è l’esternalizzazione e sollecitare l’ateneo su questa sua precisa responsabilità.
La nostra lotta, a mio parere, deve constare di due punti prioritari:
1. corretto inquadramento contrattuale ora per tutto il personale bibliocoop e
2. mai più appalti: che riprenda immediatamente la trattativa per farci assumere da una partecipata dell’ateneo alle stesse condizioni del personale internalizzato. Ogni appello al realismo – tanto non lo accetteranno mai! – per quanto mi riguarda è un adagiarsi sul solido suolo del loro cinismo.
Solo osando e alzando la testa si ottiene qualcosa.
Nessuna lotta si conduce in solitudine: abbiamo bisogno di informare capillarmente tutta la comunità dell’ateneo, in particolare la componente studentesca. Quello che UniTO indirettamente sta facendo avallando le scelte contrattuali di Coopculture è svalutare quei titoli di studio che a caro prezzo vende. Se il nostro inquadramento contrattuale può ignorare l’esperienza sul campo, i titoli e le lauree che abbiamo conseguito, l’ateneo implicitamente sta dicendo ai suoi clienti: “spendete qui il vostro denaro e il vostro tempo, noi siamo parte di quel partito che nel mondo del lavoro vi tratterà carne da macello”.
Ultima cosa: ci vogliono depress3 e arres3: riscuotiamoci, ragioniamo insieme e presentiamoci come gioios3, rabbios3 e determinat3. Abbiamo le carte in regola per portare a casa anche questa vittoria.”