Una classe politica sorda ai bisogni popolari affronta la crisi epocale che viviamo elargendo misere mance in forma di bonus per alcuni e varando ridicoli accordi per contenere i prezzi di pochi generi di prima necessità. Questo governo, che brucia enormi risorse nella fornace della guerra in Ucraina, toglie finanziamenti alla sanità, alla previdenza e all’istruzione, poi cerca di distrarre l’opinione pubblica dedicandosi alla caccia all’immigrato, meglio se africano e nero, a inconcludenti polemiche con la Germania e ad ancor più inconcludenti accordi con i governanti tunisini e libici.

È lo stesso governo che non solo sostiene il conflitto tra Russia e Nato, combattuto sul suolo ucraino, ma conduce una guerra interna al Paese e contro le sue classi popolari, come testimoniano l’abolizione del reddito di cittadinanza, i continui cedimenti alle pretese padronali, l’incapacità di intervenire seriamente sugli extra profitti di banche e aziende energetiche, i il rifiuto di tutelare stipendi e pensioni dall’inflazione, la riduzione dei finanziamenti al Welfare (sanità, assistenza, previdenza e istruzione), i continui interventi sul fisco che tolgono risorse a tutti e tutte per favorire i redditi alti e le partite IVA.

La partita delle tasse e dei contributi è vitale: le prime pagano i servizi generali che tutti i cittadini usano mentre i secondi rendono possibile l’equilibrio dei conti dell’INPS e dei servizi assistenziali. Se è comprensibile la posizione del governo che dà con una mano mentre toglie con l’altra, è ancora una volta difficile pensare che l’adesione a quella posizione dei sindacati maggiori e concertativi sia dovuta solo a miopia o ingenuità.

Soltanto un cretino o peggio un venduto non capisce che aumentare salari e stipendi attraverso la riduzione di tasse e contributi significa dare ora un po’ di soldi in busta paga al costo di doversi pagare pensioni integrative, assicurazioni sanitarie e rinunciare all’istruzione per tutti. Al costo cioè di una maggiore diseguaglianza sociale.

Non è così che debbono crescere salari e pensioni ma distribuendo a lavoratori e lavoratrici una parte importante dei profitti che oggi arricchiscono un padronato tanto aggressivo quanto avido e parassitario.

È urgente rinnovare tutti i contratti di lavoro scaduti e cancellare sia la vergogna del lavoro povero, sia la disoccupazione involontaria, la precarietà dilagante e l’economia dei “lavoretti”. Non è vero che i soldi necessari non ci sono; è vero invece che questa classe politica non vuole prenderli dove si trovano: nelle tasche dei padroni, nei grandi patrimoni individuali e societari.

Vogliamo maggiore giustizia sociale e la fine delle disuguaglianze che oggi caratterizzano la nostra società. Sappiamo che nessuna conquista sociale si ottiene senza lottare e sappiamo anche che la misura è stracolma.